Romics 2022: una mia prima, nuova esperienza


 
di Francesco Pio Ceroni


Anime e manga. Ultimamente non si parla d’altro, soprattutto fra le generazioni più giovani. Nella cultura europea questo genere di argomenti è ancora assai distante dall’esserne parte integrante, anzi per molti (soprattutto adulti) essi sono degli ottimi esempi per definire ciò che rende la cultura giapponese strana e parecchio bizzarra. È il classico, solito, ennesimo esempio di chi giudica in anticipo basandosi su dicerie e stereotipi piuttosto che su prove vere e proprie, e il bersaglio di questi pregiudizi si sposta prevedibilmente dalla cultura ai luoghi in cui viene diffusa: le fiere. Finché tutte quelle storie fantastiche, costumi sgargianti ed immagini – così dicono - ai limiti dell’immoralità rimangono nella terra del Sol Levante problemi non se ne creano. Più complesso invece quando questo genere di incontri è organizzato annualmente a livello nazionale, ed ha soprattutto un gran seguito. Oggi vi porterò al Romics, una delle principali fiere che possiate trovare in Italia sull’argomento, vi racconterò le mie impressioni e spero di farvi non dico innamorare, ma di fare in modo che più pregiudizi possibili crollino.

 

Sabato 9 aprile 2022. Io insieme con tutta la mia famiglia decidiamo di uscire dalla nostra zona di confort e di passa una giornata intera al Romics, l’annuale fiera di anime, manga, videogiochi e fumetti. I pregiudizi sono sconcertanti: mio padre sostiene che chiunque farà la sua comparsa a quella fiera ha mancato gli obiettivi che si era prefisso nella sua vita, oppure è già sulla buona strada per fallire; mia madre spera di non trovare, tra orecchie finte e lenti a contatto colorate, il minimo grammo di sostanze stupefacenti; mio fratello più piccolo teme che la famosa profezia del “non accettare caramelle dagli sconosciuti” e altre storie paideutiche si avverino tutte in quella bolgia di supereroi, ragazze-gatto e fiumi di ramen da riscaldare. Io sono forse il più moderato in famiglia, non mi abbasso al livello degli altri membri e decido di sospendere il giudizio prima dell’esperienza. Partiamo.


Dopo aver trovato parcheggio in un posto così lontano dalla fiera da essere scambiati durante la camminata per dei pellegrini verso la Città Eterna, arriviamo alla Nuova Fiera di Roma, che ospita annualmente il nipponico ritrovo. Inaugurato nell’Aprile 2006, il complesso è uno dei più vistosi per il suo stile avveniristico e brilla a livello europeo per la sua estensione di quasi quattrocento mila metri quadri. Dei suoi dieci padiglioni cablati e condizionati, il Romics ne occupava la metà. Proprio per il suo aspetto fantascientifico, la scalinata verso l’entrata est (si, è tanto grande da possedere un’entrata per ogni punto cardinale) era simile a una di quelle che si percorrono per salire su un aereo, o appunto su di un’astronave. Tutti muniti di Green Pass e mascherina FFP2 all’entrata, come da regolamento. Nessun controllo di ogni genere, entrata libera.


www.fieraroma.it


Non appena metto piede nel primo padiglione, completamente disorientato su quali luoghi visitare per primo, il boato. Per definire meglio ciò che forse può essere già intuito, immaginate il padiglione come un rettangolo di notevoli dimensioni proiettato su un piano. Ora, riempitelo per tre quarti di bancarelle, negozi, giochi e qualsiasi forma di intrattenimento presente ad una normale fiera, mentre il rimanente quarto deve essere riempito dalle persone all’interno del padiglione. Per finire, il rapporto tra spazio e rumore era di sicuro inversamente proporzionale in un solo verso: all’aumentare del rumore, diminuiva lo spazio. Ho avuto la possibilità di condurre una trentina di sondaggi con alcuni presenti alla fiera, e quelli che dalle risposte e dai loro travestimenti mi sono sembrati i veterani del luogo hanno saputo spiegarmi il motivo di quella bolgia infernale, il motivo per cui la fiera del fumetto era più simile al rituale di rotazione intorno alla Ka'Ba, la Pietra Nera, una volta giunti a La Mecca.


“Oggi è la prima volta che veniamo dopo due anni di Covid, forse il desiderio di ritornare è stato più forte dei controlli”


Ecco svelato il mistero. Dopo il paio d’anni di restrizione, l’organizzazione della fiera non è intervenuta in alcun modo davanti alla totale assenza di limitazioni, sebbene il regolamento sulla locandina del loro sito fosse cristallino. Per quale motivo? L’ipotesi accidentale è secondo me da scartare, poiché si tratta di un evento sviluppatosi in più giorni che ospita perlopiù migliaia di persone ad ogni edizione. Dunque, quale sarebbe la motivazione che avrebbe spinto i piani alti della fiera a chiudere volutamente un occhio? Potrebbero essersi messi dalla parte dei partecipanti, di chi compra il biglietto, attribuendo dunque al Romics una funzione quasi catartica al seguito dell’astinenza data dalla pandemia. Oppure dopo due anni di stallo e dunque di interrotti introiti economici era necessario che la diga venisse allargata più del solito, per fare quadrare i conti. Non ho mai confidato nell’ottimismo umano quindi propendo per la seconda, ma a voi l’ardua sentenza.


Un cosplay di Sephiroth, antagonista principale del capolavoro videoludico
 di Square Enix "Final Fantasy VII", insieme ad un suo grande fan.


Comunque, molte attività presenti al Romics mi hanno lasciato davvero di sasso: in un angolo del padiglione 8 degli uomini in kimono insegnavano l’antico gioco del Go, e le mie conoscenze scacchistiche mi hanno fatto pesare ulteriormente, illudendomi, le mie 10-20 sconfitte di fila. Ho avuto la sorpresa ed il grande piacere di trovare uno stand dell’AIST (Associazione Italiana Studi Tolkeniani) fornitissimo abbigliamento a tema, gadgets e soprattutto libri della saga ma anche approfondimenti ed interpretazioni sull’autore e sulla saga stessa. Devo dire poi che livello di accoglienza nei confronti dei neofiti come me era piuttosto alto, con numerosi negozi ed esposizioni che introducessero la cultura videoludica, fumettistica e giapponese in generale. Un esempio: molte delle persone che ho incontrato erano travestite dai personaggi deli loro anime e manga preferiti, ma nonostante ciò non era raro trovare in più di un padiglione negozi dedicati interamente a questo curioso passatempo, dotati di parrucche di ogni colore, stile e dimensione, oggetti di scena e persino lenti a contatto dal viole con riflessi cremisi al nero più cupo.


Un ragazzo tornato bambino insieme al Red Ranger, 
rigorosamente della prima saga del 1993
(guardavo le repliche, nel '93 non facevo ancora parte del giornalino)


Percepisco necessaria una digressione sul cosplay, a mio parere ciò di più particolare che ho trovato al Romics: ci troviamo in Giappone, 1995: un gruppo di ragazzi decide di travestirsi da personaggi di Eva (“Neon Genesis Evangelion” serie tv capolavoro di Hideaki Anno) e la stampa giapponese dedica loro un articolo. Il fenomeno si sparge in Giappone e solo in tempi più recenti tocca Europa ed America, insieme alla diffusione della cultura giapponese. Certo, lo scopo più naturale di questi travestimenti è quello di onorare l’opera che si vuole rappresentare, anche se le risposte delle persone intervistate dal sottoscritto hanno lasciato ben poco spazio a queto motivo, forse ormai troppo scontato, a discapito di altre motivazioni non meno interessanti. Da un blando: (cito testualmente) “Sono venuto travestito perché così la gente mi chiede le foto”, passando per “mi travesto perché voglio immergermi in ciò che mi piace per un giorno” fino ad un inaspettato e profondo “lo faccio perché è ciò che mi fa sentire me stesso”. Questo ha fatto crollare uno dei pregiudizi più radicati che possedevo sull’argomento anime e manga, e terminerò con questo.


Cosplay della serie horror "Five Nights at Freddy's"
(quello a sinistra sono sempre io e no, non è un cosplay di Billy Ray Valentine)


Le passioni, i desideri, i sogni e ciò che in senso generale ci fa stare bene sia pur concreto o astratto che sia è uno dei pensieri più comuni nell’uomo. L’utilità concreta di questi divertimenti o la loro necessarietà rispetto alla vita e al futuro sono completamente relative, se una cosa piace, piace. C’è poco da fare. A volte ciò che piace a noi non è ben visto dalla maggioranza – il cosplay è l’esempio più lampante – e l’ultima frase delle tre che ho riportato nel paragrafo precedente dimostra come il Romics, che prima di ogni definizione tecnica è un ritrovo di persone con interessi comuni, possa temporaneamente abbattere criteri e giudizi. Ciò che ha permesso all’io della ragazza di ottenere spazio e libertà non è stato di certo il costume in sé (sfido chiunque a girare per strada in maniera così appariscente, poiché la presenza di un’opinione anche piuttosto consolidata non preclude la mancanza di autostima e sicurezza, o una loro debole presenza), bensì gli ideali e le opinioni di chi si trovava intorno a lei in quel momento. Ideali e opinioni in comune, appunto. Chi si reca lì, veterano o neofita, schizzinoso o contentabile, giovane o vecchio, sa che non sarà mai giudicato e pertanto è libero di divertirsi e di approfondire i suoi interessi, o scoprirne di nuovi.

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