Amore e Psiche

AMORE & PSICHE

Di Francesca De Ingeniis


E di niente avrò bisogno nelle tenebre della notte: ho te, e sei tu la mia luce.  


“Amore, tu dovrai rendere giustizia a tua madre. Io donai a te la vita, ed ora, ho bisogno del tuo aiuto. Zeus scrisse che mai nessuna donna sarebbe stata di bellezza eguale alla mia, e dunque, v’ è una fanciulla che trasgredisce le leggi del padre dell’ Olimpo. Il suo nome è Psiche, e si narra che sia di accecante bellezza, tanto da essere ribattezzata con il mio nome. Ma dunque caro figlio mio, possibile non è che ella possa adagiarsi in tanta sicumera. Ergo, tu rovinare dovrai la sua virtù. La colpirai con una tua freccia, ed ella s’ innamorerà così dell’ uomo più sgradevole e avaro che gli dei abbiano mai visto”.


E così mi recai da lei.

Ma come la vidi, un gemito di stupore abbandonò le mie labbra.

Mai in vita mia sotto gli occhi una così bella fanciulla mi era capitata.

La sua leggiadria, il suo portamento, la sua grazia, abbagliavano, illuminavano e facevano persino invidia al dio Sole.

Ella era una rosa, le labbra di velluto e gli occhi a tal punto cristallini che la purezza del suo sguardo non aveva eguali.

Il suo collo era fresco come quello d’ un cigno, le dita delle mani come fasci d’erba chiara, che rigogliano sotto la brezza fresca della prima luce primaverile.

Non avrei potuto permettere che la mia freccia la colpisse, sprecando il suo amore per un uomo che mai le avrebbe potuto regalare la spensieratezza di una passione ardenta.

La condussi allora nel mio castello, e le promisi eterne notti d’ amore, a patto che mai e poi mai la mia identità fosse svelata.


I giorni passavano, e Psiche s’era adagiata in quella vita, come fanno le farfalle sui fiori. Lei era innamorata dell’ anima di Amore, della sua essenza, pur non conoscendone I lineamenti.

La loro passione ardeva come il fuoco d’ inverno, bruciava, e ne usciva un fumo che si disperdeva nell’ aria, sussurrando agli esseri umani che mai nella loro mortale esistenza avrebbero potuto provare un sentimento da togliere il respiro, da obnubilare I sensi come ne era in grado il loro.

La notte si fondevano l’ uno con l’ altra, I loro corpi combaciavano perfettamente, come se fossero stati fatti su misura dagli dei.

Si intrecciavano e si aggrovigliavano come anime in pena, a cercar rifugio nel freddo della notte, a cercar riparo nella tristezza della solitudine, a cercar conforto nelle delusioni della vita. 

Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi la passione.

Ma ad ella ciò non bastava più, così decise che avrebbe scoperto l’ identità del suo amante, il quale da tempo le faceva vibrare il cuore come mai nessuno prima d’ allora era stato in grado di fare.


La notte scorreva veloce, e le stelle nel cielo disegnavano una trapunta di luce.

Ma io non conoscevo neanche il suo nome.

Così mi feci coraggio. Scesi dal letto, e nel buio della stanza, mentre il mio cultore dormiva, andai a cercare una candela.

Quando l’accesi rimasi estasiata. Il suo viso era rilassato, la pelle soffice come quella d’ un bambino e le sue labbra erano disegnate in un leggero sorriso.

Sembrava un dipinto. 

I vividi colori che risplendevano alla luce della sua genuinità sussurravano candore al chiarore della sua bellezza.

Ma una goccia d’ olio cadde sulla sua spalla.


Ustionato e fortemente deluso da Psiche, Amore si alzò e fuggì via, abbandonando nel castello la sua amante.

La bella fanciulla era disperata, e fallì più volte nel suo tentativo di suicidarsi, perché ostacolata dagli dei. Si recò allora al cospetto di Afrodite.

Quest' ultima, nuovamente indignata a causa del comportamento di Psiche, la sottopose a numerose prove, auspicando di riuscire a metterla in diffcoltà.

Ella, pur affrontandole senza zelo, aiutata di volta in volta da creature divine, superò egregiamente tutte le sfide.

Afrodite, come ultimo compito, le impose di scendere negli Inferi alla presenza di Persefone, per impetrare un pò della sua bellezza.

Psiche riuscì a superare anche quest’ ultima prova, ma la curiosità è spesso esiziale negli esseri di comune esistenza.

Aprì l’ ampolla che la regina degli Inferi le aveva donato, e dal suo interno si sprigionò un vapore che immediatamente la fece accasciare al suolo.

Troppo lieve, l’anima di Psiche stava evaporando. 

Il suo corpo era già privo d’ armonia, il volto cereo, il collo aveva perso vigore e I capelli giacevano come fili di erba marci.

Ma Amore era lì.

Subito la raccolse da terra come si accascia una margherita al tramonto e all’ alba risorge.

Con la delicatezza dei primi raggi di sole in primavera, Amore rese a Psiche il soffio vitale che aveva perduto con un bacio velato, e immediatamente le restituì la cognizione del tempo, il cui tessuto le Parche mai avrebbero potuto interrompere, poiché il desio d’ amor batter riesce anche il più piccolo uomo il cui cuor mai toccato dalla passione fu.

E così anche per Amore e Psiche.


Ella divenne una dea, bevendo dalla coppa dell’ immortalità, e eternamente il suo fascino vivrà la grande ammirazione dei popoli del vicino mondo, tanto che il linguaggio umano per sempre apparirà talmente insufficiente e povero da non essere in grado non solo di descriverla, ma anche solo di lodarla.

I due, sposi diverranno, e dalla loro eterna unione nacque, come un fiore che sboccia, una figlia, Edoné.




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