Dicti Maiorum: rubrica di sentenze e proverbi latini e greci
di Francesco Pio Ceroni
Bentrovati ad un nuovo appuntamento di Dicti Maiorum, la
rubrica che svela l’antichità non attraverso i poemi, i governi o le guerre,
bensì tramite le esperienze ed i proverbi che tutti noi, dopo migliaia di anni,
continuiamo a sperimentare.
Quante volte giudichiamo? Troppe, forse. Da una situazione
in cui non ci vorremmo mai trovare fino ad un’azione che noi, in cuor nostro,
non avremmo sicuramente compiuto. Feste, amicizie, parole e perfino sguardi
possono diventare facilmente oggetto dei nostri sottili giudizi; allo stesso
tempo tuttavia, quando qualcuno ci giudica non ci sentiamo bene, soprattutto se
il suo giudizio è basato su un malinteso. Moralmente parlando, l’atto di
giudicare non è mai ben visto e nella religione può facilmente portare al
peccato. Il proverbio di oggi riassume proprio questa brutta abitudine, questa
presunzione di sapere ciò che accade agli altri, illustrandoci il contrappasso in cui potremmo incombere:
Nolite iudicare, ut non iudicemini
Non giudicate, per non essere giudicati
Questa – che in greco suona Μή κρίνετε, ίνα μή κριθήτε – è una delle frasi più famose del
Nuovo Testamento: è riferita in Matteo (Non giudicate affinché non
siate giudicati; infatti voi sarete giudicati secondo lo stesso giudizio
col quale avrete giudicato, e sarete misurati con la stessa misura con la quale
avrete misurato, 7,1-2)1 e Luca (Non giudicate e
non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati;
perdonate e vi sarà perdonato, 6, 37)1 all’interno del cosiddetto
Discorso della Montagna, mentre in Marco (4,24) si ha solo una delle
espressioni ad essa successive (“con la misura con la quale avrete misurato vi
sarà largamente misurato”)1; essa è poi ripresa da San Paolo nella
prima lettera ai Corinzi (Conseguentemente, non giudicate prima del tempo,
4,5)2 e in quella ai Romani (Per conseguenza tu sei inescusabile,
o uomo, chiunque tu sia che giudichi; poiché in quella che giudichi gli altri,
condanni te stesso, giacché tu che giudichi fai le stesse cose, 2,1)2
Gesù con esortazioni di questo genere condannava il diritto farisaico, basato sul fatto in sé e non sulle intime motivazioni che avevano portato ad esso: un vero giudizio, dunque, poteva spettare solo a Dio, l’unico che poteva leggere nel cuore delle persone. La frase è entrata nel linguaggio comune come raccomandazione ad essere comprensivi nei confronti delle azioni del prossimo e allo stesso modo a non erigersi a suoi giudici, come se si fosse esenti da colpe. Spesso, infatti, non siamo meno colpevoli di chi giudichiamo. Dice ancora Cristo in Matteo, Perché guardi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non badi alla trave che sta nel tuo occhio? (7,3)1.
Giovanni Francesco Barbieri, detto Guercino; Cristo e l'adultera, 1621, Olio su tela, Collezione privata |
Con lo stesso valore è in italiano usata un’altra nota espressione del Maestro,
Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra: si tratta delle
parole (nell’originale greco si ha Ο ἀναμάρτητος ὑμῶν πρῶτος βαλέτω λίθον, nella Vulgata Qui sine peccato
est vestrum, primus in illam lapidem mittat) Con cui Cristo difende l’adultera
che sta per essere lapidata (Giovanni, 8,7)1. Ciò che il
diritto ebraico prescriveva su un piano puramente formale, che cioè fossero i
testimoni del misfatto a scagliare i primi sassi della lapidazione, viene ora
portato su un piano intimo di coscienza.
1 Sacra Bibbia, traduzioni di Sac. Giovanni
Castoldi
2 Sacra
Bibbia, traduzioni di Prof. Felice Ramorino
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