Il tragico volo di Franz Reichelt

di Francesco Pio Ceroni


I primi anni del XX secolo furono animati da un grande fervore in molti campi. Qualche esempio: nel 1911, il fisico neozelandese Ernest Rutherford elaborò il primo modello di atomo dotato di nucleo centrale; un anno dopo, nel 1912, Alfred Lothar Wegener formulò la teoria della deriva dei continenti.; i futuristi presentarono i loro primi quadri a Parigi, e a Berlino Kandinskij espose per la prima volta le sue opere rivoluzionarie. Insomma, un periodo emozionante dal punto di vista scientifico e culturale, che come tutte le cose apparentemente positive, tuttavia, ha sempre un’altra faccia della medaglia. Una faccia costituita da tentativi inutili, esperimenti falliti, errori e, talvolta, persino tragedie. Proprio come quella che vide come protagonista Franz Reichelt, che nel tentativo di ottenere fama e gloria cadde, letteralmente, vittima della propria vanità.

Fotografia che ritrae Franz Reichelt, sarto di professione, con indosso la sua invenzione.

Nato a Vienna nel 1879, Franz Reichelt si era trasferito a Parigi nel 1898 dove aveva aperto una bottega di abbigliamento per signora e aveva fin da subito ottenuto un buon successo. La sua vera passione, però, era un’altra. All’inizio del mese di luglio del 1910 cominciò a lavorare ad una sorta di tuta-paracadute che gli avrebbe permesso di lanciarsi da una qualunque altezza, volteggiare liberamente ed atterrare incolume. Dopo che i primi prototipi testati su dei manichini ottennero dei discreti successi, Reichelt presentò la sua invenzione all’Aero-Club di Francia, che rifiutò di testarla sugli esseri umani in quanto la tua tuta non avrebbe retto l’eccessivo peso di un uomo medio, ossia 70 chili.

Il nostro sarto non si arrese. Dopo aver realizzato una versione assai più leggera e resistente la provò in prima persona, di nuovo senza successo. Effettuò infatti due lanci, entrambi da un’altezza di circa 10 metri: nel primo si salvò grazie ad un covone che attutì la sua caduta, nel secondo si ruppe una gamba. Davanti a questo doppio fallimento uno qualsiasi rinuncerebbe, scoraggiato di sicuro dalla rottura del femore più che da quella della tuta. Ma Reichelt andò avanti e lavorò sodo alla sua invenzione, per migliorarla, facendola raggiungere un’apertura alare di 30 metri ed un peso di soli 9 chili. Era pronta, secondo lui. Pronta per essere testata da un’altezza di gran lunga superiore a 10 metri, e non da un manichino.

Scatto in cui vediamo Franz Reichelt con un piede sullo sgabello e l’altro sulla balaustra della prima piattaforma della Tour Eiffel.

Fissò una data: 4 febbraio. Ecco la cronaca di quanto accadde quel giorno, presa dalle testate dei principali giornali francesi dell’epoca come Le Petit Parisién, Le Figaro, le Petit Journal e Ouest Eclaire. Giunto alla tour Eiffel di prima mattina, con addosso la sua tuta migliorata, salutò i giornalisti e disse:” Voglio tentare io stesso il mio esperimento, per provare il valore della mia invenzione.” Ore 8:22. Reichelt raggiunge la prima piattaforma della torre, trovandosi ad un’altezza di circa 58 metri; sale su uno sgabello e si accosta alla balaustra. In uno dei filmati girati per documentare la sua impresa è possibile vedere la condensa causata dal suo respiro. Getta un pezzetto di carta per misurare la direzione del vento, prende coraggio, e si lancia.

Illustrazione del Petit Journal sul lancio dell’inventore Reichelt


Il volo di Franz Reichelt, purtroppo, durò pochissimi secondi. Le ali della sua tuta non si aprirono correttamente e si attorcigliarono intorno al suo corpo, facendolo schiantare rovinosamente sul suolo. “L’urto – come riportò Le Figaro - fu terribile; un colpo sordo, di una brutalità furiosa. All’impatto, il corpo rimbalzò e ricadde. Ci si precipitò a soccorrerlo. La fronte insanguinata, gli occhi aperti, dilaniati dal terrore, le membra spezzate. Franz Reichelt non dava più segni di vita. Qualcuno si sporse, cercò di sentire il cuore. Era fermo. Il temerario inventore era morto. Allora il suo povero corpo, completamente disarticolato, fu caricato su di un autotaxi e trasportato a Laënnec”. (foto 4)

Il fatto interessante fu però un altro: l’autopsia rivelò che al momento dell’impatto Reichelt era già morto, colpito da un infarto fulminante. Possiamo dire che fu la paura, e non lo schianto, a prendersi l’anima del sarto volante? Non lo sappiamo. E alla fine poco ci importa, poiché ciò che rimane di lui è l’esempio di un uomo folle e determinato (come spesso lo sono gli innovatori del suo calibro), pronto a tutto pur di dimostrare di avere ragione. Fino all’ultimo, tragico volo.
Fotogramma che mostra il sarto ormai già attorcigliato nella sua invenzione, pochi istanti prima del triste impatto.


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